mercoledì 8 ottobre 2014

Coderdojo, l’esercito dei baby programmatori


L’evento Coderdojo presso il Tag di Milano/foto di Fabrizio Marino


L’atmosfera è quella del primo giorno di scuola. Sui banchi però non ci sono libri e quaderni, ma solo computer portatili e mouse. All’appuntamento arrivano numerosi, incuriositi accompagnati dalla mamma o dal papà e con una merenda nello zaino. Ciò che li aspetta è un pomeriggio all’insegna di creatività, condivisione, socializzazione e apprendimento. Per alcuni lo scopo sarà quello di creare un personaggio virtuale, per altri personalizzare i percorsi di un noto videogioco online. Tutti però dovranno farlo utilizzando il linguaggio di programmazione. Loro, ragazzi tra i 7 e i 13 anni, sono quelli che partecipano ad uno degli eventi organizzati daCoderdojo, un’iniziativa internazionale il cui obiettivo è quello di insegnare a bambini e adolescenti la programmazione informatica.
Ad attenderli ci sono i mentor, giovani volontari — ingegneri, informatici o semplici appassionati del settore — che si occupano del coordinamento e del supporto didattico ai ragazzi, spiegando loro le basi per iniziare a programmare. «Lo spirito è quello di condividere, aiutarsi, ma anche copiare nel senso più utile del termine — ci spiega Angelo Sala uno dei mentor, tra i fondatori di Coderdojo in Italia». Le regole sono semplici e vanno messe in chiaro fin da subito, i ragazzi dovranno confrontarsi e aiutarsi tra di loro, scambiarsi le idee, condividere soluzioni e strategie. Il tutto accompagnato dal supporto dei genitori, che dovranno sì affiancare i propri figli al momento della registrazione al sito (un concetto che vale nella vita in generale secondo i mentor), ma guai a mettere le mani sulla tastiera nel momento in cui si comincia a programmare.
“Vogliamo portare un Coderdojo in ogni città italiana”
I più esperti sono già alle prese con Minecraft, e il compito che li attende è quello di modificare percorsi, creare nuove ambientazioni, e realizzare personaggi ex novo modificando il codice Java, quello con cui vengono realizzati la maggior parte dei videogiochi. «Utilizziamo Minecraft, spiega Angelo, perché per sua natura è concepito per poter essere modificato intervenendo sul codice, e inoltre riscuote un grande successo tra i ragazzi». Su suggerimento dei mentor, o seguendo uno dei tutorial presenti sul sito “coderdojomilano.it”, i ragazzi personalizzano a loro piacimento la struttura del gioco, e tecnicamente nella maggior parte dei casi lo fanno copiando e incollando stringhe di codice Java all’interno di Minecraft. Perché, come ci tengono a sottolineare gli educatori, anche questo significa programmare. Per i più piccoli invece è stato pensato di operare con Scratch, una piattaforma utilizzata per l’apprendimento creativo della programmazione, e messa a disposizione di qualsiasi utente dal Massachussetts Institute of Technology. Attraverso semplici mosse, e grazie ad una grafica colorata e intuitiva, i bambini sono messi nelle condizioni di creare il loro primo videogioco e vederne i risultati nell’immediato.
coderdojo
Uno dei ragazzi di Coderdojo che gioca a Minecraft
A vederli all’opera ci si rende conto di come non si tratti di una semplice seduta di apprendimento, in ballo c’è la capacità di sviluppare un profilo sociale da parte dei ragazzi, così come la possibilità aumentare la propria autostima per il solo fatto di realizzare qualcosa di personale. D’altronde è questo lo spirito su cui fonda il progetto Coderdojo e per capire di cosa stiamo parlando basta dare un’occhiata alle “7 regole d’oro per il mentor” presenti sul sito. Se l’entusiasmo dei ragazzi che partecipano a questa iniziativa può risultare abbastanza scontato, a sorprendere positivamente è soprattutto la verve di molti genitori sostenitori convinti di iniziative di questo tipo.
Roberto, padre di Matilde, una bambina di 10 anni, aspetta seduto mentre legge sul suo iPad e si lascia andare ad una mezza confidenza: «Mi aspetterei che fosse la scuola a proporre una formazione di questo tipo, ma spesso mancano le persone adatte e la formazione sufficiente per poterla realizzare». Si definisce un genitore mediamente tecnologico e attento a comportamenti della figlia in Rete, che non usa i social network e comunica via mail «è stata Matilde a scoprire Coderdojo e io e mia moglie non abbiamo avuto nulla in contrario nel farla partecipare. La tecnologia è parte integrante della nostra vita, e imparare a utilizzare gli strumenti adatti fin da piccoli è fondamentale. E non parlo di social network, nessuno di noi in famiglia ha un profilo Facebook per esempio, Matilde utilizza molto la mail e Skype e spero possa imparare a programmare divertendosi».
“Lo spirito è quello di condividere, aiutarsi, ma anche copiare nel senso più utile del termine”
La pensa così anche Gloria, sviluppatrice di interfacce grafiche a Milano, madre di Edoardo, che ha 8 anni. «Sono molto felice di poter partecipare a questa iniziativa: quello che mi ha spinto a portare mio figlio qui è l’idea che possa utilizzare il computer non come un soggetto passivo, ma con l’intento di realizzare qualcosa di suo». Anche in questo caso l’iniziativa è partita dal ragazzo, appassionato di videogame ma che utilizza il computer con moderazione, facendo tranquillamente a meno dei social network. «Credo sia ancora un po’ prematuro per lui accedere a questo tipo di piattaforme — aggiunge Gloria — per comunicare con i coetanei si utilizza molto Skype, per il resto della giornata il computer non lo utilizza parecchio. Spero che d’ora in poi possa appassionarsi al mondo della programmazione anche solo come hobby».
Va detto che le lezioni che propone Coderdojo non sono molte, circa una al mese, e non sempre rivolta ai ragazzi, quindi riesce difficile mantenere una continuità tale per sviluppare delle competenza solide nel campo della programmazione. Tutto ciò nasce soprattutto dal fatto che Coderdojo è un’organizzazione no profit che si fonda sulla disponibilità di volontari disponibili ad utilizzare il loro tempo libero per dedicarsi a queste attività. «Siamo volontari e, per quel che possiamo — sottolinea Angelo — ci sosteniamo con le donazioni che arrivano tramite l’organizzazione realizzata appositamente». (Qui il sito per sostenere Coderdojo).
La storia di Minecraft e di Mojang

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La struttura è ancora piccola, ma l’obiettivo è molto ambizioso ed è quello di portare il Coderdojo nelle scuole. D’altronde l’argomento è di stretta attualità di questi tempi, visto l’imminente varo della riforma della scuola da parte del governo Renzi. È proprio all’interno del progetto “la buona scuola” che si inserisce “Programma il futuro”, un’iniziativa volta a formare gli studenti ai concetti di base dell’informatica, tra cui ovviamente la programmazione. Prendendo spunto da un’iniziativa di grande successo negli Stati Uniti, il Miur ha messo in piedi il progetto che dovrebbe portare già a partire da quest’anno il coding nelle scuole.
Perché non cominciare proprio da Coderdojo allora? «Stiamo cercando di portare l’insegnamento dell’informatica gratuitamente nelle scuole, e il prossimo passo sarà quello di formare gli insegnanti delle scuole primarie. Abbiamo già degli accordi con delle scuole di Milano — confida Angelo — per far partire il progetto in anticipo rispetto ai tempi, ma non vorrei aggiungere di più al riguardo, dato che ancora le cose non sono concluse. In ogni caso esistono dei siti, come code.org, dove chiunque può esercitarsi gratuitamente nella programmazione».
Il primo Coderdojo (letteralmente “palestra del programmatore”) prese vita in Irlanda nel 2011. Con lo spirito di un movimento senza scopo di lucro promuove l’utilizzo del software open source e gratuito. Il motto è “Above all: be cool. Bullying, lying, wasting people’s time and so on is uncool” che più o meno può essere tradotto così “soprattutto sii in gamba. Fare il bullo, mentire e far perdere tempo non è da persone in gamba”. In Italia il primo Coderdojo è comparso a Milano nel 2011 ma oggi è presente anche in altre città tra cui Roma, Firenze e Genova.

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