Le Città nel Giardino
Planetario (Google e il Migrante) di Leoluca Orlando
“Le Città nel Giardino
Planetario” è non soltanto il titolo di questo mio testo; esprime anche una
sfida presente ineludibile e un progetto di futuro.
“Giardino Planetario” è
il titolo di una pubblicazione del botanico francese Gilles Clement; è il logo
di Manifesta 12 Palermo. Un dipinto di Francesco Lojacono del 1875 fornisce una
propria immagine alla città di Palermo e alla Biennale migrante di Arte Manifesta
12.
Francesco Lojacono ci consegna l’immagine della campagna palermitana e tutti gli alberi ivi raffigurati non sono autoctoni; a Palermo sono giunti da altri paesi e continenti.
A Palermo, in Sicilia, non abbiamo piante autoctone!
Le nostre piante, i nostri alberi sono “migranti” che risiedono a Palermo. La nostra biodiversità non è genetica, non è per nascita. Siamo biodiversi per scelta, per cultura, per accoglienza.
In questo scenario,le città, non soltanto Palermo, tutte le città del mondo, devono affrontare la sfida e incrociano il loro progetto di futuro sotto i nomi di Google e di Ahmed.
Google (ma ognuno scelga altra multinazionale web) esprime la connessione virtuale e Ahmed (e ognuno scelga altro nome di migrante) esprime la connessione umana.
Una città, un giardino planetario, sotto il dominio di Google: sarebbe un disastro … sarebbe la sterile condizione di un eterno presente, senza memoria del passato, senza progetto di future.
Una città, un giardino planetario, sotto il dominio di Ahmed; sarebbe una realtà incapace di innovazione.
Palermo ha scelto Google ed Ahmed, ha scelto di fare sintesi: siamo oggi una delle città meglio cablate nel Mediterraneo e al tempo stesso siamo una città il cui Sindaco ripete ogni giorno che “a Palermo non vi sono migranti. Non 80.000, non 100.000, migranti a Palermo; chi vive a Palermo è palermitano”.
Tutti diversi perché persone, esseri umani; tutti eguali perché persone, essere umani.
A Palermo si difende e rivive ogni giorno l’orgoglio di razza, dell’unica razza. La razza umana.
Chi distingue gli essere umani secondo le razze… prepara Dachau ed Auschwitz.
Francesco Lojacono ci consegna l’immagine della campagna palermitana e tutti gli alberi ivi raffigurati non sono autoctoni; a Palermo sono giunti da altri paesi e continenti.
A Palermo, in Sicilia, non abbiamo piante autoctone!
Le nostre piante, i nostri alberi sono “migranti” che risiedono a Palermo. La nostra biodiversità non è genetica, non è per nascita. Siamo biodiversi per scelta, per cultura, per accoglienza.
In questo scenario,le città, non soltanto Palermo, tutte le città del mondo, devono affrontare la sfida e incrociano il loro progetto di futuro sotto i nomi di Google e di Ahmed.
Google (ma ognuno scelga altra multinazionale web) esprime la connessione virtuale e Ahmed (e ognuno scelga altro nome di migrante) esprime la connessione umana.
Una città, un giardino planetario, sotto il dominio di Google: sarebbe un disastro … sarebbe la sterile condizione di un eterno presente, senza memoria del passato, senza progetto di future.
Una città, un giardino planetario, sotto il dominio di Ahmed; sarebbe una realtà incapace di innovazione.
Palermo ha scelto Google ed Ahmed, ha scelto di fare sintesi: siamo oggi una delle città meglio cablate nel Mediterraneo e al tempo stesso siamo una città il cui Sindaco ripete ogni giorno che “a Palermo non vi sono migranti. Non 80.000, non 100.000, migranti a Palermo; chi vive a Palermo è palermitano”.
Tutti diversi perché persone, esseri umani; tutti eguali perché persone, essere umani.
A Palermo si difende e rivive ogni giorno l’orgoglio di razza, dell’unica razza. La razza umana.
Chi distingue gli essere umani secondo le razze… prepara Dachau ed Auschwitz.
Continua ...
Mobilità e Tempo – La
Mobilità
Le città nel Giardino
Planetario affrontano la sfida dello spazio e del tempo.
La sfida dello spazio che
è oggi, come non mai nel passato, mobilità di persone e non soltanto di
informazioni, merci, valuta.
La sfida del tempo, che
è oggi, come non mai nel passato, rifiuto della soffocante palude dell’eterno
presente.
La mobilità è, dai tempi
dell’invenzione della ruota, il motore di cambiamento; ma oggi essa ha assunto
tali dimensioni che grazie ai migranti invita e costringe a modificare
tradizionali certezze.
E alcune di queste
certezze sono sottoposte oggi, come non mai nel passato, alla sfida della
mobilità internazionale: Stato, Identità, Patria.
Che cosa è oggi lo
Stato? Uno spazio chiuso?!?
Così per secoli abbiamo
appreso e insegnato. Provate a chiedere cosa è lo Stato per Google, cosa è lo
Stato per Ahmed, certamente non è più uno spazio chiuso! Provate a chiedere non
a me, non a voi stessi; provate a chiedere ad un giovane ventenne cosa è lo Stato.
Non risponderà o
risponderà che per lui lo Stato è un ostacolo alla felicità… Se opportunamente
“indottrinato”… risponderà che è un male necessario… necessario ma un male.
Cosa è oggi l’identità?
Il sangue dei nostri
genitori?!?
Così per secoli abbiamo
appreso e insegnato. Provate a chiedere cosa è l’identità per Google, provate a
chiedere cosa è l’identità per Ahmed.
Certamente non è il
sangue dei loro genitori; la identità non può essere ridotta al sangue dei
genitori.
Provate a chiedere non a
me, non a voi stessi; provate a chiedere ad un giovane ventenne cosa è
l’identità.
Non risponderà o
risponderà: “maledetta legge del sangue……l’identità è un atto supremo di
libertà… l’identità, la mia identità è ciò che io scelgo di essere”.
Pur essendo nato in
Sicilia, pur essendo nato da genitori nati in Sicilia, pur avendo nelle vene il
cosiddetto sangue siciliano (chiederò a un ematologo la differenza tra il mio
sangue e il sangue di un francese o di un bengalese), pur essendo “per sangue”
siciliano rivendico il diritto di scegliere di essere e vivere come un tunisino
ebreo o un tedesco hindu.
I figli, noi figli siamo
persone e non appendici dei nostri genitori. I figli sono persone e non sono di
chi li fa!
Quanti luoghi comuni
sono ormai saltati grazie alla mobilità internazionale, grazie a Google e
grazie a Ahmed?
Liberarsi a Palermo
della legge del sangue è operazione culturale profonda che esplode/implode
dentro soffocanti logiche di appartenenza…anche aventi i tratti della mafia.
Non più “a chi
appartieni?” Ma, finalmente, “chi sei? Chi hai deciso di essere?”
Quanti genocidi, quante
stragi anche di mafia e di integralismo sono fondate sulla accettazione
dogmatica della legge del sangue!? Quanti aborti, lungi dall’essere doloroso
esercizio di libertà, sono stati frutto di costrizioni per donne alle quali è
stato – anche “cristianamente” – spiegato che “i figli sono di chi li fa”,
“peso e condanna” di ogni donna incinta.
Che cosa è oggi la
Patria? Il luogo dove siamo nati?!?
Così per secoli abbiamo
appreso e insegnato.
Provate a chiedere cosa
è la Patria per Google, provate a chiedere cosa è la Patria per Ahmed.
Certamente non è il
luogo dove i genitori hanno deciso di farli nascere…senza il loro consenso.
Nessun essere umano
libero, nessuna persona può essere condannata ad aver per Patria il luogo nel
quale altri l’hanno fatto nascere.
“La Patria la scelgo io
“così afferma Google, così afferma Ahmed, così affermano i giovani ventenni.
“La Patria la scelgo
io…” ...e se scelgo quella coincidente con il luogo dove sono nato la scelta,
libera e mia, ha un valore doppio.
Mobilità e Tempo – Il Tempo
Il populismo è mancanza
di rispetto del tempo.
Il populismo non è un
recinto, non è una esperienza, non è un partito. Il populismo è una tentazione,
una concezione culturale.
È dentro ogni essere
umano.
Il populismo ritiene che
si possano risolvere i problemi, che si possa cambiare una realtà senza
rispetto del tempo e dell’altro: subito e senza dibattito o contrasti.
Il populismo è fondato
sul rifiuto del tempo, vive di eterno presente: senza memoria del passato e
senza speranza e progetto di futuro.
Il populismo si
manifesta e si alimenta con slogan e tweet – senza vero confronto.
L’essere umano che
rifiuta il populismo ha da avere cura del tempo, deve essere “orologiaio”: ha
da curare le lancette che indicano il tempo e da curare il movimento degli ingranaggi.
Chi non ha cura del
tempo, il populista è, di necessità, violento o incoerente.
Per il populista una
piccola sconfitta è la morte, una piccola vittoria è un trionfo… e pur di non
perdere/morire e pur di vincere/trionfare si fa violento e sopprime
l’avversario o si fa incoerente e si consegna al vincitore sopprimendo se
stesso e rinunciando alle proprie posizioni.
Chi ha rispetto del
tempo, chi ha memoria del passato o speranza e progetto del futuro accetta la
sconfitta di oggi, non come morte ma come conseguenza di una vittoria di ieri o
come premessa di una vittoria di domani. Senza violenza, senza incoerenza,
senza scorciatoie.
L’eterno presente, il
populismo dell’eterno presente assume le vesti del fondamentalismo (congela il
passato!) o del ribellismo (pretende oggi, subito e qui, ciò che vorrebbe la
realtà sia).
Palermo tra Mobilità e Tempo
La visione che ho
cercato di comunicare, non so se utile per altre realtà, è quella che ha
vissuto Palermo e che io ho cercato di affermare, avendo avuto il privilegio di
essere stato “figlio” della città, nella mia età albare, “fratello” della città
nella mia età adulta, e di essere oggi “padre” della città nella mia età
matura.
“Figlio”, “fratello”,
“padre”… non per nascita né per sangue, ma per libera scelta mia e scelta
democratica dei palermitani…
Subito con i piedi nel
piatto.
Non vi è città in Europa
che sia culturalmente cambiata più di Palermo negli ultimi quarant’anni.
Sì, lo so: Berlino è
cambiata, Mosca è cambiata, Praga e Riga, Vilnius e Varsavia sono cambiate. Ma
queste realtà sono cambiate per effetto del cambiamento di condizioni
istituzionali e politiche internazionali: la fine dell’Unione sovietica, la
caduta del muro di Berlino, la riunificazione della Germania.
Palermo è cambiata in
questi 40 anni senza che cambiasse il regolamento del Consiglio Comunale…
chiedo scusa ho esagerato.
Il regolamento del
Consiglio Comunale è stato in realtà modificato, ma non è certamente cambiato
nella sostanza l’assetto istituzionale della amministrazione comunale, non è
certamente cambiata la Costituzione repubblicana.
Palermo è cambiata
culturalmente, nella testa e negli stili di vita dei palermitani.
Palermo capitale della
mafia ancora negli anni ‘80 e Palermo oggi Capitale italiana della Cultura
2018, sede di Manifesta 12, tra le prime 5 città turistiche di Italia, inserita
nel Patrimonio mondiale dell’UNESCO per la sua storia e per il suo presente
Arabo Normanno, Palermo riferimento internazionale di cultura dell’accoglienza.
Certamente la mafia
esiste ancora a New York e ad Amburgo, a Marsiglia e a Palermo – ma anche a
Palermo oggi non governa, come in passato invece governava.
Capitale di Cultura,
capitale di culture, e in primo luogo dei diritti di tutti e di ciascuno.
Altro che populismo,
altro che slogan e tweet, altro che subito e senza dibattito e contrasti!
Di questo cambiamento
culturale dobbiamo ringraziare coloro che hanno dedicato la vita a liberare
Palermo dal governo della mafia, a contrastare uno Stato che aveva il volto
della mafia, in una città in cui il Sindaco era amico dei boss mafiosi e talora
egli stesso boss mafioso: Sindaco e capomafia, insieme nella stessa persona
…nel Palazzo di Città.
Ateo, comunista e
giustizialista: così venivamo definiti, così venivo definito.
Nessuno è perfetto, ma
io non sono stato e non sono ancora ateo; ma io non sono stato e non sono
ancora comunista; io non sono stato e non sono ancora giustizialista.
Mai dire mai. Sino ad
oggi mai ateo, mai comunista, mai giustizialista…
Ateo? Contrastando la
mafia e il suo sistema di potere anche religioso, davo fastidio a prelati e
vescovi cattolici.
Amici, utili idioti,
complici dei mafiosi o loro stessi mafiosi…. Nella comunità cattolica ero
considerato, nella migliore delle ipotesi, un fratello che sbaglia, di regola
un avversario di Cristo, un ateo.
Comunista? Contrastando
la mafia e il suo sistema di potere anche politico, davo fastidio a Primi
Ministri, Ministri, esponenti politici, amici, utili idioti, complici dei mafiosi
o loro stessi mafiosi.
Nella comunità politica
– io cristiano e democratico, io cattolico democratico
ero considerato, nella
migliore delle ipotesi un amico che sbaglia e di regola un avversario del
Governo e dello Stato, un comunista.
Giustizialista?
Contrastando la mafia ed
il suo sistema di potere anche criminale, io davo fastidio ad amici, utili
idioti e complici dei mafiosi e soprattutto ai mafiosi.
Nella comunità civile e
nella stessa comunità accademica giuridica, io – giurista impegnato in politica
– ero considerato, nella migliore delle ipotesi, un collega inaffidabile, non
sufficientemente “attrezzato”, di regola un opportunista
e “professionista” dell’antimafia.
Di questo cambiamento
culturale dobbiamo ringraziare soprattutto coloro che hanno dedicato e dato la
propria vita per liberare Palermo dal governo della mafia, per contrastare uno
Stato che aveva il volto della mafia; Palermo era infatti una città il cui
Sindaco era di regola punto di riferimento al tempo stesso di istituzioni
repubblicane e di cosche mafios.
Ma, sia detto a voce
bassa ma con convinzione, di questo cambiamento culturale dobbiamo
“ringraziare” la mafia e la sua insopportabile violenza criminale.
La mafia, il suo sistema
di potere culturale, religioso, politico, criminale ha esagerato, ha “ucciso
troppo”.
E anche i ciechi sono
stati costretti a vedere, i muti a parlare, i sordi a sentire.
Ed oggi i ciechi, i
sordi, i muti di ieri…almeno quelli ancora liberi… hanno aperto occhi, bocche,
orecchie ed hanno gridato e gridano ogni giorno per convenienza e per
convinzione: basta!
Lo stesso drammatico
risultato positivo ha prodotto in Germania il
nazionalsocialismo: i
tedeschi di oggi, avendo fatto i conti con le nefandezze della loro perversione
identitaria, sono migliori e più attenti dei tedeschi di ieri, dei tedeschi
prima dell’avvento di Adolf Hitler.
Lo stesso drammatico
risultato positivo ha prodotto nel mondo islamico Osama Bin Laden e lo stesso
Stato Islamico.
I musulmani 10 anni, 15
anni fa parlavano come i palermitani 40, 30 anni fa.
Di fronte alle
efferatezze di quanti pervertivano la grande cultura islamica, mortificano il
Corano, il Profeta ed Allah con stragi e terrorismo, i Musulmani ripetevano
“Lei non ci conosce… Lei non può giudicarci… Lei non conosce la nostra fede, le
nostre tradizioni, il nostro stile di vita, il nostro contesto…” e, come alibi
per le loro subalternità e complicità rifiutavano ogni confronto, chiudevano
occhi, bocca e orecchie.
Di questo cambiamento
culturale, infine, a Palermo dobbiamo ringraziare i migranti.
Palermo, storicamente
città migrante con le sue piazze, i suoi vicoli, i suoi monumenti, i suoi
mercati per 100 anni ha rifiutato i migranti, ha mortificato e cacciato i
diversi.
Sino a quando io avevo
trenta anni a Palermo, governata dalla mafia, governata dal nazionalsocialismo
e dal terrorismo islamico in salsa siciliana, a Palermo non vi erano migranti…
Le uniche migranti erano
distinte signore tedesche, rumene, austriache, francesi che avevano cura dei
bambini della Palermo aristocratica, accudivano alla loro, alla nostra
formazione ed educazione.
I migranti, i diversi
non erano ammessi.
Nella storia e nella
cronaca criminale della mafia non vi è un solo esempio di coinvolgimento di
migranti. I diversi non venivano accettati neanche per secondari ruoli
criminali, neanche come “palo” o come killer. Si pretendeva la purezza identitaria e la subalternità alla
appartenenza, come facevano i nazifascisti e i terroristi cosiddetti islamici.
Oggi, grazie all’arrivo
e alla accoglienza dei migranti, Palermo ha recuperato la propria armonia
perduta e davanti alle antiche moschee passeggiano musulmani, la comunità
ebraica realizza una sinagoga e, qua e là, a decine sorgono templi hindu e
buddisti.
Oggi, grazie alla
presenza di migliaia di cosiddetti migranti, i palermitani scoprono il valore
dell’essere persona; dopo anni di mortificazione scoprono e difendono i diritti
umani di tutti, i propri diritti umani.
Una giovane palermitana,
figlia di palermitani, nipote di palermitani, costretta a vivere su una sedia a
rotelle mi ha scritto: “Grazie, Sindaco; da quando accogliamo i “migranti” io
mi sento più eguale, più normale, meno diversa”.
In questo cammino, una
tappa significativa è stata nel 2015 la mia proposta e la formale approvazione
della cosiddetta Carta di Palermo. “Io sono persona. Dalla migrazione come
sofferenza alla mobilità internazionale come diritto umano inalienabile”.
In questo cammino, una
tappa significativa è stata nel 2013 la istituzione della Consulta delle
Culture: 21 membri eletti fra i residenti a Palermo e col passaporto diverso da
quello italiano, eletti democraticamente in pubbliche consultazioni.
21 membri dei quali 9
sono donne: una proporzione di donne non riscontrabile nel Parlamento europeo,
nel Parlamento italiano, nel Consiglio comunale di Palermo.
Il primo Presidente
della Consulta delle Culture è stato un giovane palestinese
–
per 4 anni
“illegale” perché privo di permesso di soggiorno – che dopo anni di forzata
interruzione degli studi si è laureato in medicina e ha vinto un concorso per
medico ospedaliero… Un posto di lavoro “rubato” ad un palermitano – come ho
pubblicamente dichiarato – che avrebbe potuto essere meno qualificato ma
raccomandato da un politico clientelare.
E se cominciassimo a
puntare alto? ad accettare che i “migranti” ci aiutano a recuperare il ruolo
del merito? A liberarci da soffocanti e clientelari logiche di appartenenza?
Non più “a chi appartieni?” Ma finalmente “chi sei? chi hai deciso di essere?
che cosa sai fare?”
In questo cammino, con
le tappe della cosiddetta Carta di Palermo e della Consulta delle Culture, si
comprende come naturale la circostanza che l’attuale Presidente della Consulta
delle Culture sia una signora nata a Capo Verde e la Vice Presidente una
giovane del Bangladesh.
In questo cammino, si
comprende la nostra proposta di abolire il permesso di
soggiorno, vera e
propria schiavitù, vera e propria pena di morte del XXI secolo.
In questo cammino, si
comprende la nostra scelta di accogliere tutti, la nostra scelta di non essere
chiamati sul banco degli imputati quando si celebrerà un secondo processo di
Norimberga.
Si celebrerà certamente
(nei libri di storia e forse anche davanti una Corte di Giustizia) un secondo processo
di Norimberga che vedrà sotto accusa per genocidio le Istituzioni Europee e gli
Stati Membri.
I nostri nonni potevano
dire che non erano a conoscenza del genocidio italo- tedesco, fascista e
nazista ......noi non potremo dire ai nostri nipoti che non sapevamo del
genocidio nel Mediterraneo, noi non potremo dire che non avevamo capito che le
leggi europee e nazionali violavano i diritti umani di persone appartenenti
all’unica razza umana.
In conclusione, sono
orgoglioso di essere Sindaco di una città che ha dato i natali a Don Pino
Puglisi, un semplice parroco cattolico, un mio carissimo amico dell’età albare,
che è stato ucciso dalla mafia.
Don Pino Puglisi non
combatteva la mafia con le armi e con le denunce…chiedeva venisse rispettato il
diritto dei bambini del quartiere, di avere una scuola, un edificio degno di
questo nome e non più una scuola collocata in appartamenti di proprietà di
mafiosi lautamente ricompensati con canoni di affitto gonfiati rispetto al loro
valore.
La mafia ha avuto più
paura di un povero, semplice prete di periferia che delle armi dei poliziotti e
delle sentenze dei giudici… e lo ha ucciso nel 1993 davanti casa nel cuore del
quartiere Brancaccio, lontana desolata periferia di Palermo.
Sono orgoglioso di
essere Sindaco della città dove è nato e ha donato la sua vita Don Pino
Puglisi, che il Papa ha proclamato Beato… anche per prendere con chiarezza le
distanze dai prelati e vescovi cattolici amici/complici/utili idioti dei
mafiosi o loro stessi mafiosi.
Nel 25° anniversario del
martirio di Don Pino Puglisi, Papa Francesco sarà a Palermo il 15 settembre
2018, per ribadire il profondo cambio culturale, la scelta autenticamente
evangelica e certamente anche per affermare i diritti umani di tutti e di
ciascuno, non solo dei bambini, non solo dei palermitani, ribadendo le ormai
note e consolidate posizioni sui “migranti come persone, titolari di diritto”.
Sono, altresì,
orgoglioso di essere Sindaco di una città nel sud dell’Europa che ogni anno
organizza uno dei più grandi partecipati Gay Pride del Mediterraneo.
I diritti, i diritti…. Troppo spesso mortificati, violati dal Diritto, dalle Leggi Europee e Nazionali.
Palermo: una visione, un cammino.
A Palermo va tutto bene?
Certamente, no!
A Palermo abbiamo
risolto tutti i problemi? Certamente, no!
A Palermo vi sono ancora
problemi, criticità, disoccupazione? Certamente, sì!
Ma a Palermo abbiamo
scelto una visione e abbiamo intrapreso un cammino… che ci fa essere più avanti
del nostro Paese… grazie al coraggio civile di tanti e all’insopportabile
ipoteca mafiosa che ci faceva essere simbolo internazionale di vergogna, la
realtà più arretrata e impresentabile del nostro Paese.
Palermo città migrante e di migranti, tra Mediterraneo ed Europa
Sono certo che taluno potrà
obiettare che sto parlando di una piccola realtà, di una esperienza periferica,
di una città non europea.
Ed in realtà Palermo è
una piccola realtà, una esperienza periferica, una città non europea.
Certamente Palermo non è
Berlino, certamente non è Parigi… più propriamente Palermo è una città
mediterranea, una città mediorientale in Europa.
Avendo grande rispetto
per lo jus soli siamo mediorientali ed orgogliosi di essere europei.
Palermo – qualcuno potrà
rilevare ed io concordo – è Istanbul, Tripoli, Beirut….
Beirut, sì, ma con wifi
e tram –
O, se preferite, Palermo
che accoglie tutti e fa - grazie alla reazione al peso della sua storia di
vergogna – del rispetto dei diritti umani di tutti e di ciascuno la propria
bandiera, il proprio punto estremo dell’orizzonte, il proprio presente, il
proprio futuro.
Exciting and safe.
Eccittante e sicura.
Questa è, nella mia
visione e nella mia concretezza, Palermo oggi.
Eccitante, perché
mosaico di tessere tutte diverse per colori e dimensioni, tenute in equilibrio
in armonia da una cornice di diritti umani.
“To be different” perché
esseri umani. “To be equal”, perché esseri umani.
Sicura, perché quando
arriva un migrante, un musulmano che potrebbe essere pericoloso, i migranti, i
musulmani che risiedono a Palermo e che si sentono e sono considerati
palermitani, avvertono il Sindaco ed il Sindaco avverte il Questore.
Chi vive a Palermo
difende la “propria” città prima dell’appartenere ad una religione, prima
dell’appartenere al paese d’origine.
Questo credo non accade
in tante realtà europee, in tante periferie urbane dell’Europa dove i migranti
ghettizzati, emarginati, quando arriva un migrante che potrebbe essere
pericoloso non avvertono né il Sindaco né il Capo della Polizia.
Chiudono occhi, bocca e orecchie
come in passato – ormai lontano – facevano i palermitani – di fronte i mafiosi siciliani.
Eccitante e sicura:
Palermo è diventata una città turistica, ha conquistato una grande attrattività
internazionale.
Ancora un grazie ai
migranti, che nonostante e attraverso le loro sofferenze, ci ricordano essere
loro le prime vittime del cambiamento climatico (che desertifica i loro Paesi e
li costringe a fuggire), della guerra (costretti a fuggire da guerre e
violenze) e della mancanza di sicurezza nei loro paesi di origine.
I migranti ci ricordano
i diritti degli europei violati dal cambiamento climatico (ancorché meno
gravemente in Europa che nel cosiddetto Terzo mondo), violati dalle guerre
(ancorché meno gravemente in Europa: da 70 anni non sappiamo come sia la guerra
nei nostri territori), nella sicurezza (ancorché meno gravemente in Europa dove
esistono livelli di sicurezza incommensurabili rispetto ai Paesi del terzo mondo).
E con riferimento alla
sicurezza dei cosiddetti migranti desidero concludere questo mio testo.
I migranti non vedono
garantita la loro sicurezza nei loro paesi di origine e poi nei paesi europei
che li dovrebbero accogliere e li consegnano al turpe mercato criminale
speculativo prodotto dal sistema del permesso di soggiorno.
L’obbligo di avere e la
difficoltà di ottenere il permesso di soggiorno consegna centinaia di migliaia
di esseri umani nelle mani sporche di sangue di traghettatori per terra e
scafisti per mare prima del loro arrivo in Europa.
Poi, una volta arrivati
in Europa, questo sistema consegna centinaia di migliaia di “clandestini” nelle
mani di datori di lavoro nero, di sfruttatori di prostituzione, di proprietari
di immobili fatiscenti e insalubri.
Un sistema, fatto da una
legislazione proibizionista e criminogena che invece di tutelare i migranti
sfruttati, permette agli sfruttatori di denunciare i migranti “illegali”, che
se si ribellano e chiedono il rispetto dei propri diritti sono puniti con
l’espulsione e il rimpatrio, con il ritorno a condizioni di violenza e di morte.
L’Unione Europea e il Giardino Planetario
Non pensate che il mondo
sarebbe già migliore se tutti credessimo che la razza è una sola, quella umana?
che siamo tutti titolari di diritti inviolabili, che la mobilità internazionale
è un diritto umano.
È questa richiesta, è
questa domanda il contributo della città di Palermo al Giardino Planetario.
Un mondo sempre più
giardino e Giardino Planetario.
Con tempi e percorsi
diversi realtà per realtà; comunque inseriti in un cammino di pieno rispetto
delle persone umane, di tutti e di ciascuno.
Certamente Palermo è
troppo piccola per accogliere tutti i migranti del mondo, anche l’Italia è
troppo piccola per accogliere tutti; ma l’Unione Europea con 27/28 Stati e
molte centinaia di milioni di residenti è ancora troppo piccola per aprire, per
accogliere?
Ho un grande rispetto
per la Svizzera che ha scelto di essere e restare uno Stato come spazio chiuso.
Ma l’Unione Europea ha
fatto una scelta diversa quando alcuni “eversivi” come Konrad Adenauer e Alcide
De Gasperi hanno affermato la esigenza di superare le angustie degli Stati come
spazi chiusi e, dopo la seconda guerra mondiale hanno pensato di promuovere una
comunità, una visione di popoli, una straordinaria entità politica, unione di
minoranze che insieme costituiscono un futuro di pace e di riconoscimento dei
diritti di tutti e di ciascuno.
Anche se nell’Unione
Europea qualche Stato non aderisce ad un’unica moneta la visione dei Padri
fondatori ha ancora senso. Ha ancora più senso perché dimostra che diritti e
scelte di ciascuno sono rispettate.
Persino se nell’Unione
Europea qualche Stato non aderisce al trattato di Schengen la visione dei Padri
fondatori ha ancora senso.
Ma se nell’Unione
Europea qualche Stato dichiara guerra ad altro Stato Membro o non rispetta i
diritti umani violando i fondamenti di adesione, la visione dei padri fondatori
viene calpestata, la stessa visione europea perde senso, non ha più motivo di
essere.
Ancora peggio, ancor di
più si decreta la fine dell’esperienza europea se sono le stesse istituzioni
europee a violare i propri fondamenti.
Leoluca Orlando
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